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Estratto intervento Natalia Re Presso l’Università degli Studi di Palermo in occasione della giornata internazionale contro la violenza sulle donne

I dati sono freddi e ci restituiscono una realtà sottodimensionata del fenomeno criminoso.  Le donne che denunciano al numero dedicato 1522 sono oltre 30.000 l’anno. Gli stupri sembrerebbero commessi dal proprio partner per un buon 62,75%. Il telefono rosa ha ricevuto, da gennaio a novembre del 2022, ben 2.153 telefonate, nel corso del 2021 ben 3.801; 979 sono relative a casi di violenza (1.401 nel 2021); 559 sono le donne seguite dalle psicologhe e 568 coloro che scelgono di essere supportate legalmente (rispettivamente 965 e 955 nel 2021).

In Italia, in media, ogni 3 giorni viene uccisa una donna. La maggior parte di esse vengono uccise da un familiare. Il femminicidio si consuma tra le pareti domestiche, nei luoghi, apparentemente, più sicuri. Il 31,5% delle donne italiane ha subito una qualche forma di violenza, sia essa fisica che psicologica. Secondo il Viminale si registra un aumento del 9% delle violenze sessuali. I femminicidi nel 2022 valgono oltre 80 vittime strappate, miseramente, alla vita.

Il legislatore cerca di dare prosecuzione alle politiche di contrasto alla violenza domestica, ma il fenomeno è enorme! Eppure ci vengono dedicate due giornate: l’8 marzo ed il 25 novembre. Quanto gelo nel metterle in relazione. Quanta dissonanza.

Occorre avere il coraggio di abbattere ogni retorica sul tema e dire che le cose non vanno affatto bene.

Ecco una storia comune, una storia ricorrente da lustri.

“Prima la gelosia, poi gli insulti ed ancora gli scatti di ira alternati da richieste di amore e scuse e perdono. Così potrebbe raccontarci Natalia o chiunque altra di noi. Poi un giorno mi ha sferrato il primo pugno, sono corsa al pronto soccorso ed ho negato la violenza. Poi ho preso consapevolezza ed ho denunciato. Ho potuto farlo ma molte non riescono. Avevo venti anni”.

 

Questa storia è la storia di Natalia, Viviana, Maria, Jessica e di tante donne, sorelle, madri, amiche, figlie.

Cosa fare? Intervenire ex ante attraverso l’alfabetizzazione emotiva. Occorre insegnare alle bambine a dire No ed ai bambini a sapere accettare questo No senza frustrazioni. L’alfabetizzazione emotiva consiste nell’insegnare cosa sono le emozioni, a cosa servono, come si esprimono e come si gestiscono.  Troppo spesso ai maschietti viene insegnato a “non fare le femminucce” ad uccidere dentro di sé ogni espressine di empatia che è gentilezza, condivisione, ascolto di sentimenti.  Essere veri uomini significa annientare la dolcezza, a non piangere, a essere forti fino a percepire solo la propria superiorità. Così si sviluppa la violenza. Ed io le oppongo la gentilezza!!!