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La gentilezza può aiutare ad uscire dalla crisi meglio del PIL

Conversando alcuni mesi fa con una giovane commercialista, prestatasi, “obtorto collo”, ad una iniziativa del Movimento per la Gentilezza, mi venne da ricordarle, come esempio di economia naturale, il baratto, quello delle origini, quello per cui il pastore con un gregge troppo affollato poteva recare qualche capo di bestiame al vasaio, che lo ricambiava con ciotole o anfore in terracotta.

Anche mio padre, subito dopo la guerra, veniva spesso chiamato ad ammazzare e sezionare qualche vitello o capretto o coniglio a casa di amici e se ne tornava ogni volta con il suo pezzo di carne. Nella casa di periferia in cui sono cresciuta, abitavano otto famiglie e ognuna aiutava l’altra come poteva: c’era l’infermiera che si offriva per le iniezioni, il meccanico che riparava le biciclette per tutti, la “lettrice” che la sera intratteneva le donne con i fotoromanzi….chi non partecipava a questi scambi di abilità veniva semplicemente salutato con un buongiorno o un buonasera.

Ecco: il dono della propria abilità, questa è gentilezza. Lasciare uno spazio alla generosità verso gli altri, dopo una giornata di lavoro, può darci quella ricompensa straordinaria che nel lavoro non c’è più.

Sì, ma il Pil così non cresce – ci si può obiettare.- Beh, non cresce il Pil, ma crescono l’amicizia, la capacità di fare squadra, le abilità, la voglia di vivere, la speranza, la consapevolezza di non essere soli. Vi pare poco? Sono proprio queste le basi per rifondare la società sana e giovane di cui ci siamo dimenticati, presi nella logica dei numeri, degli euro, delle statistiche. Ora, si tratterà di rinnovarsi, ritornando indietro, riscoprendo quello che di buono abbiamo lasciato per strada in una folle corsa verso la finanza pura cui tutti ci siamo asserviti.-

Non vogliamo demonizzare né la ricchezza, né il denaro, ma riequilibrare i rapporti tra i talenti, che possono guidare la società verso la sua crescita, ove per crescita s’intende lo sviluppo e il miglioramento dell’uomo, in modo armonico appunto, così da salvare tutto ciò che di bello e di buono egli nutre in sé.

Anna Maria Ferrari Boccacci