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Società parmense e Movimento Italiano per la Gentilezza

Perché la gentilezza? La società degli uomini, in questa fase evolutiva della città di Parma e del suo territorio, ne ha ravvisato l’opportunità, per ridurre la pioggia dei contraccolpi economici che si potranno avere a seguito della crisi finanziaria in corso. I  presupposti si identificano nella spinta esercitata dalla popolazione locale che, avendo raggiunto, grazie al “miracolo economico”, un maggiore benessere, ha visto salire però, negli ultimi anni, le tensioni interne alla società, rendendo più frequenti le difficoltà del rapportarsi delle persone tra loro, che una volta  era strutturato e continuativo, mentre oggi è più occasionale e fugace. Nel nuovo contesto, l’uomo avrà bisogno, a causa dei maggiori rischi conseguenti, di nuove coperture che possono essere messe a punto, prestando maggiore attenzione alle esigenze altrui, per evitare contrapposizioni spiacevoli, qualche volta traumatiche. Oggi, infatti, incombe sulla testa di ognuno una sorta di spada di Damocle che potrebbe provocare episodi incresciosi con conseguenze spiacevoli a carico della sfera psicofisica dell’uomo, senza potere escludere il peggio. I rischi, in una società che, nel frattempo è diventata multietnica, per la necessità di avere altri lavoratori, disposti a impegnarsi nelle attività più ingrate, sono aumentati anche perché i nuovi arrivati, provenendo da terre lontane, dove vigono lingua, religione, cultura ed educazione diverse, hanno finito per arrecare qualche disagio in più alla ordinaria convivenza civile e ai rapporti tra le persone che, nelle società  a economia avanzata, non sono mai rilassati e distesi.

Nel nuovo scenario di norma, i rapporti, facendosi per lo più occasionali, spesso con l’aggravante di tensioni latenti, di cui è carico l’ambiente, sollecitano maggiori aperture e animi più  disponibili per abbassare la portata delle incomprensioni e degli scontri, da quelli più lievi a quelli più drammatici, evitando inconvenienti più gravi. In questo contesto, non è raro incontrare comunità in crisi ad opera di  pochi “guastatori”, come avveniva un tempo, quando la diligenza era assalita anche senza bottino; oggi, senza eccezioni, nelle comunità, tutti hanno da essere impegnati a tenere sotto controllo la reattività di ognuno, evitando singole scorrettezze in risposta alle provocazioni altrui. Con semplicità, occorre mantenere, in ogni circostanza, il sangue freddo, che è la virtù dei forti, cioè di coloro che sanno opporre, come sostiene Claude Lévi Strass, a una molteplicità di illusioni futuribili, un numero limitato di risposte possibili, all’interno di una universalità più consapevole che gli uomini stessi dovranno realizzare e gestire. La riflessione, che è puramente teorica, ha bisogno che tutti, nella pratica di ogni giorno, esercitino una grande forza d’animo che il nuovo Movimento ha tradotto nel termine gentilezza, da impiegare, nella quotidianità di ciascuno e di tutti, come principio attivo e risolutivo di situazioni imbarazzanti, anche quando sono complesse e ingarbugliate.
La gentilezza, all’origine della vicenda umana, aveva già acquisito un proprio spazio,  ricavandolo dall’idea di generazione, che è l’insieme delle persone nate da un antenato comune, che si riconosce nella famiglia e nelle sue ramificazioni. Nella preistoria, quando, alla fine del lungo periodo nomade, ha potuto prendere piede la proprietà fondiaria, alcune famiglie sono riuscite, nel tempo, ad eccellere su altre, e a mantenere vivo, con alta coesione, il ricordo della comune origine che, normalmente, si faceva risalire ad antenati dell’immaginario mitico. La prima teoria patriarcale o gentilizia la si trova enunciata dal filosofo Gian Battista Vico, seguita da  quella dello storico Gaetano De Sanctis, per il quale le famiglie, che si sono elevate sulle altre per potenza e ricchezza, erano   considerate nobili, amando distinguersi anche per il tratto e per la gentilezza con cui erano abituati a trattare i loro pari e non solo loro. Se, nell’antica cultura italiana, la gentilezza era stata concepita come l’ideale della nobiltà, nel Medio Evo, era diventata ereditaria, prima di assumere, più tardi, il significato di dote personale, prima di diventare prerogativa degli umanisti più colti e virtuosi, come si consideravano gli Stilnovisti che l’hanno tenuta in gran conto, ritenendola il frutto dell’esercizio della virtù e della grandezza di spirito. Questa stessa interpretazione è stata fatta propria dal Movimento Italiano per la Gentilezza che intende diffondere questo bene immateriale nella quotidianità, come regola di vita del nostro tempo.
In questa nobile avventura, la disposizione d’animo dell’uomo, che il nuovo Movimento ha deciso di sostenere, è stata definita, con termine idilliaco, gentilezza, ed è stata presentata come l’emblema di una moderna ricchezza interiore, che da dote innata, che un tempo distingueva pochi privilegiati, dovrebbe tramutarsi, oggi e in un prossimo futuro, nel principale obiettivo di tutti coloro che, avendo avvertito il bisogno di una più alta cultura esistenziale e di un più aperto e disponibile assetto della società umana, hanno deciso di coltivare le belle maniere. Si rende un servizio utile a tutti, contemperando sempre e comunque l’irruenza di reazioni eccessive e adottando, in ogni circostanza anche la più esposta, comportamenti che riescano a mediare, grazie alla disponibilità di ognuno, le posizioni di tutti, anche in situazioni scomode. La prospettiva, che è certamente nobile, ha bisogno di un deciso impegno umano e culturale che consolidi, nella comunità locale prima e in quella nazionale poi, la prassi collegiale del self-control, a tutti i livelli, come effetto scontato della disponibilità di ognuno a favore degli altri; l’uomo, scalzando ogni pregiudizio, entra così nella logica di riconoscere, accettare e ammettere la validità delle posizioni altrui, rimanendo ligio ai dettami della migliore educazione. Lo sanno bene i promotori i quali, esercitando e diffondendo la gentilezza, intendono essere di esempio e adoperarsi per farla adottare di buon grado sempre e comunque da ogni uomo e da ogni comunità, piccola o grande, locale, regionale o nazionale, come  unica modalità per risolvere le controversie. L’aspirazione dei promotori è rivolta anche a fare di Parma la città gentile per eccellenza e il punto di riferimento per chi, nella pratica quotidiana, è convinto di doversi servire di modi cortesi, atteggiamenti aperti e parole acconce, mostrando, in ogni circostanza, di disporre dell’d’animo e dei sentimenti che gli permettono di comportarsi, come fanno normalmente gli amici, quando discorrono amabilmente tra loro, con garbo e cortesia, nel rispetto delle reciproche opinioni.

Nella società attuale, la gentilezza si è volatilizzata, convincendo i promotori del Movimento a riesumarla e a riproporla, facendola ripartire con un  progetto adeguato ai tempi, per evitare che, per delle inezie, si arrivi a degli scontri, con tensioni estemporanee di poco conto che, prendendo il sopravvento, potrebbero facilmente sfociare in situazioni più spiacevoli del dovuto. Sono i nervi scoperti, di norma, i primi a cedere, portando l’uomo fuori strada anche a seguito di semplici diversità di vedute o di modeste infrazioni o di disaccordi di scarso significato, spesso ingigantiti però da nevrosi, specie in presenza del caotico traffico urbano o delle lunghe code agli sportelli della burocrazia italiana o nelle molte altre occasioni in cui l’aggressività rende l’uomo vittima o artefice di inutili alterchi. Nello scenario moderno, l’uomo è arrivato al punto di  fare prevalere non tanto l’istinto di sopravvivenza, quanto l’istinto di sopraffazione, che è sempre latente e si scatena  con impulsi improvvisi, dopo lunghi periodi di letargo, per i più futili motivi, come gesti di poco conto, che vengono considerati irrispettosi o offensivi. Questi e altri episodi analoghi, che si possono verificare ogni giorno un po’ dappertutto e che, nel tempo andato, sarebbero passati inosservati, oggi rischiano di provocare conseguenze deprecabili, qualche volta addirittura cruente, come capita spesso di riscontrare nella cronaca nera che imperversa ogni giorno nei media. Il nuovo Movimento auspica che gli uomini, rendendosi conto di tutto questo e divenuti più disponibili si guardino bene dal volere redarguire e  reprimere, preferendo soprassedere o rispondere con gentilezza, sminuendo sul nascere ogni possibile attrito, aprendo la strada alla comprensione reciproca, rompendo lo stato di isolamento, che continua ad affliggere l’uomo moderno, e liberandolo, infine e finalmente, dal pesante carico di rancori verso i suoi simili e la società. Il Movimento Italiano per la Gentilezza, con questa proposta innovativa, intende avviare nel Paese una serie di iniziative utili che, anche  controcorrente, riescano ugualmente ad abbattere l’ansietà degli uomini, invitando tutti, nessuno escluso, a coltivare un nuovo rapporto con la gente, che sia solare, aperto, scorrevole ed esente da pregiudizi; la proposta in teoria è semplice, ma non lo è l’applicazione per l’impegno richiesto di andare sempre incontro alle aspirazioni degli altri, senza remore e senza pensare a gratificazioni né ad attendere ringraziamenti. Così intesa, la gentilezza è una disposizione morale, frutto di una grande forza d’animo che appartiene agli uomini più generosi, altruisti e dotati di un forte senso civico; l’impatto del Movimento sulla società che, interferendo con altri interessi, è forte ha bisogno di tempo per ammorbidirsi e avere la disponibilità delle singole persone che dipende dalla volontà di emancipare la propria esistenza, insieme a quella della Comunità, dall’improvvisazione e dalla superficialità che continuano a imperversare, e a procurare danni.

Al termine dell’attuale crisi finanziaria e delle relative conseguenze economiche, l’uomo dovrà vedersela con una società nuova, più aperta della precedente alla storia, alla cultura, alla tradizione, all’arte e all’etica  e meglio disposta a recuperare e a rivalutare le risorse locali. Nel nuovo contesto, l’uomo sarà chiamato a fare i conti anche con la crescita progressiva dei valori qualitativi, in sostituzione di quelli quantitativi, con la maggiore preoccupazione per la propria salute, con l’attenzione per il sociale e con la cura rivolta all’ambiente,. Sono i principi storici dell’antropologia culturale che, nella Penisola e nelle grandi isole del Mediterraneo, hanno fatto, per primi, durante la preistoria, le più significative esperienze che sono alla base dell’evoluzione successiva dell’intero continente, tenendo sempre distinti i comportamenti delle classi nobili che non derogavano da cortesia, garbo e grazia., da quelle popolari. Per questi motivi, chi, anticipando i tempi, ha assunto il compito di ripristinare i più alti valori del passato si sta collocando, di nuovo, all’avanguardia del futuribile locale, regionale e nazionale, dopo i due ultimi secoli che sono stati dirottati al profitto ad ogni costo. Era stata la crescita abnorme della popolazione mondiale a sollecitare le imprese  ad approfittarne, trascurando il resto e sacrificando spesso i migliori principi intellettuali e morali sull’altare del profitto. Domani, con l’accentuazione dell’obiettivo qualità, la società italiana che, a differenza di altre, è riuscita a mantenerla in vita, nel tempo, senza cedere mai interamente alla strategia del profitto ad ogni costo, si troverà nelle condizioni migliori sui mercati, con un vantaggio competitivo tanto maggiore, quanto più puntuale sarà stata, nel frattempo, la riscoperta e l’applicazione, oltre ai principi dell’etica, anche della gentilezza, come auspica il Movimento. Il risultato potrebbe essere ancora più significativo se riuscisse ad  accelerare l’uscita della società parmense dagli ultimi due secoli, che sono stati altamente produttivi a spese della qualità, anticipando la rivalutazione della cultura e  della tradizione locali, aprendo per tempo l’avvento del mondo nuovo, quello più a misura d’uomo, con il quale le comunità locali riprenderanno il cammino storico da dove lo avevano interrotto, recuperando gli antichi e alti valori che avevano fatto dell’Italia il Belpaese e dello stile nazionale di vita il modello da imitare.

FAUSTO CANTARELLI